“RICETTARIO ANATOMICO – SWIFT’S BABY SOUP”, 2013
Legno, cartone, lattine, tecnica mista su carta, libro, plexiglass. Misure: cm. 70 x 35 x 25.
L'opera è stata esposta presso la Corcoran Gallery 31, Washington DC, all'interno della rassegna "Siamo quel che mangiamo? Sostenibilità e arte", precedentemente presso lo Spazio Eventi del Grattacielo Pirelli, a Milano.
Il lavoro si ispira al testo “A MODEST PROPOSAL” di Jonathan Swift, ironico e feroce pezzo, pubblicato nel 1729, che suggeriva, allo scopo di risolvere i problemi economici e di sovraffollamento della popolazione povera irlandese, di allevare i propri bambini per poi utilizzarli come cibo per le tavole delle classi dirigenti e nobiliari. I figli dei poveri potrebbero essere venduti in un mercato della carne, risparmiando alle famiglie il costo del nutrimento e fornendo un’entrata aggiuntiva; l’alimentazione dei più ricchi verrebbe migliorata e così il benessere economico dell’intera nazione.
L’autore sostiene la sua modesta proposta con statistiche, prezzi e pesi ideali, possibili alternative di consumazione, corredate da alcune ricette. Propone inoltre una favorevole ricaduta sulla pratica sociale, poiché le mogli verrebbero trattate meglio dai mariti e i figli valutati per il loro insospettato valore; nonché politicamente gli effetti risolverebbero problemi legati alla gestione pubblica della sovrappopolazione e dell’economia generale.
La suggestione provocatoria e direi "succulenta" per il tema in esame, apre qui un panorama di riflessione metaforicamente importante anche nella contemporaneità.
L’operazione satirica di Swift tocca tematiche brucianti nel mondo attuale di cui siamo testimoni, consapevoli o inconsapevoli. La speculazione indiscriminata sui paesi del terzo mondo da parte dei popoli più ricchi, la cronaca spietata che accompagna i dati tragici della cosiddetta “fame nel mondo”, la carneficina di innocenti sull’altare della guerra di potere, la colpevole indifferenza del mondo industrializzato, l’ignavia di ogni singolo, stordito dal volume di immagini che ci bombardano rispetto a qualsiasi evento, oramai tutte equivalenti, nell’indignarsi.
Ho volutamente citato l'americano Warhol in riferimento alla mercificazione culturale ed etica, e come occasione di gestione formale di un tema altamente drammatico, sfruttando la reiterazione dell’immagine (intesa anche come immagine mnemonica, che ormai appartiene all’immaginario comune) per sottolineare la passività indotta e acritica della “normalizzazione”.
La proposta di Swift viene presa a prestito per esaltarne i motivi provocatori, per essere occasione di riflessione profonda in un momento di lacerante crisi di valori, oltre che economica e, a livello mondiale, crisis, e quindi frattura, nel rapporto con l’ambiente in assoluto.
Il lavoro è costruito come una sorta di reperto archeologico, quasi si trattasse di un ritrovamento di un prodotto dimenticato in cantina, ma ancora prezioso. È dotato di un "ricettario" ad hoc che vuole essere un invito di analisi ulteriore. Ricettario anatomico, per un ovvio richiamo agli elementi trattati. È libro d’istruzioni ad uso e consumo, ma anche manuale di suggerimenti a titolo di ammonimento. E all’anatomia si fa riferimento sia ironicamente per i “contenuti” degli oggetti, sia in quanto scienza dell’analisi, lucida e feroce, di ciò che ingannevolmente appare alla vista. Volontà di approfondimento, intenzione critica nel porsi con un altro punto di vista dinnanzi alle cose. Anatomico è anche, se vogliamo, il peso complessivo del lavoro, corrispondente al peso medio di un bambino di un anno, denutrito, secondo le statistiche della FAO.
L’opera è, nelle mie aspirazioni, risolta in termini puramente pittorici…così come l’equilibrio formale, la soluzione cromatica estremamente semplice, la scelta di dipingere a mano ogni singola etichetta, in modo che sia, ognuna di esse, un prodotto unico ed irripetibile. Unico ed irripetibile, nella sua densità, nella sua materia estesa, nella sua pena e nella sua pelle, nel suo tempo scosso, nella sua inquietudine, nella sua incoscienza viscerale e nella sua lucidità allo stesso modo avvinghiate allo stesso corpo.
L’autore sostiene la sua modesta proposta con statistiche, prezzi e pesi ideali, possibili alternative di consumazione, corredate da alcune ricette. Propone inoltre una favorevole ricaduta sulla pratica sociale, poiché le mogli verrebbero trattate meglio dai mariti e i figli valutati per il loro insospettato valore; nonché politicamente gli effetti risolverebbero problemi legati alla gestione pubblica della sovrappopolazione e dell’economia generale.
La suggestione provocatoria e direi "succulenta" per il tema in esame, apre qui un panorama di riflessione metaforicamente importante anche nella contemporaneità.
L’operazione satirica di Swift tocca tematiche brucianti nel mondo attuale di cui siamo testimoni, consapevoli o inconsapevoli. La speculazione indiscriminata sui paesi del terzo mondo da parte dei popoli più ricchi, la cronaca spietata che accompagna i dati tragici della cosiddetta “fame nel mondo”, la carneficina di innocenti sull’altare della guerra di potere, la colpevole indifferenza del mondo industrializzato, l’ignavia di ogni singolo, stordito dal volume di immagini che ci bombardano rispetto a qualsiasi evento, oramai tutte equivalenti, nell’indignarsi.
Ho volutamente citato l'americano Warhol in riferimento alla mercificazione culturale ed etica, e come occasione di gestione formale di un tema altamente drammatico, sfruttando la reiterazione dell’immagine (intesa anche come immagine mnemonica, che ormai appartiene all’immaginario comune) per sottolineare la passività indotta e acritica della “normalizzazione”.
La proposta di Swift viene presa a prestito per esaltarne i motivi provocatori, per essere occasione di riflessione profonda in un momento di lacerante crisi di valori, oltre che economica e, a livello mondiale, crisis, e quindi frattura, nel rapporto con l’ambiente in assoluto.
Il lavoro è costruito come una sorta di reperto archeologico, quasi si trattasse di un ritrovamento di un prodotto dimenticato in cantina, ma ancora prezioso. È dotato di un "ricettario" ad hoc che vuole essere un invito di analisi ulteriore. Ricettario anatomico, per un ovvio richiamo agli elementi trattati. È libro d’istruzioni ad uso e consumo, ma anche manuale di suggerimenti a titolo di ammonimento. E all’anatomia si fa riferimento sia ironicamente per i “contenuti” degli oggetti, sia in quanto scienza dell’analisi, lucida e feroce, di ciò che ingannevolmente appare alla vista. Volontà di approfondimento, intenzione critica nel porsi con un altro punto di vista dinnanzi alle cose. Anatomico è anche, se vogliamo, il peso complessivo del lavoro, corrispondente al peso medio di un bambino di un anno, denutrito, secondo le statistiche della FAO.
L’opera è, nelle mie aspirazioni, risolta in termini puramente pittorici…così come l’equilibrio formale, la soluzione cromatica estremamente semplice, la scelta di dipingere a mano ogni singola etichetta, in modo che sia, ognuna di esse, un prodotto unico ed irripetibile. Unico ed irripetibile, nella sua densità, nella sua materia estesa, nella sua pena e nella sua pelle, nel suo tempo scosso, nella sua inquietudine, nella sua incoscienza viscerale e nella sua lucidità allo stesso modo avvinghiate allo stesso corpo.